Name: Coro da camera Vikra
Start: 2023-09-10T00:00:00.000Z
End: 2023-09-10T00:00:00.000Z
Location: Teatro Mancinelli

Organization

Admin

Orvieto Festival della Piana del Cavaliere

Direzione d'orchestra

Petra Grassi

Pianoforte

Martina Salateo

Strumento

Pianista

Piano

Katja Dadič

Violin

Cantante

Nejka Ireneja Čuk

Soloists

Federica Lo Pinto

Tilen Lancner

Martin Kozjek

Ilaria De Bortoli

Contralto

Paolo Leonardi

Baritone

Others

Coro da camera Vikra

Orvieto

Italia

Teatro Mancinelli

Coro da camera Vikra: Im stillen Friedhof Wolf (+6 More)

Public

Im stillen Friedhof

Madrigali della buona morte

Peace upon you, Jerusalem

Scite Puer

Sklepna pesem

Magnifcat

Pesm deklice

Delfina Gago

Approvato

Accordionist

Archlutenist

Baroque Flutist

Baroque Oboist

Baroque Trumpetist

Bassist

Bassoonist

Cellist

Clarinetist

Contrabassist

Cornettist

Guitarist

Harper

Harpsichordist

Hornist

Lutenist

Mandoline Player

Musette de cour Player

Oboist

Organist

Percussionist

Recorder Player

Saxophonist

Suonatore di flauto

Tenor Violinist

Timpani

Trombonist

Trumpeter

Tuba Player

Vibraphonist

Viola Pomposa Player

Viola da Gambist

Viola d’amore Player

Violinista

Violino Piccolo Player

Violista

Altro

Ballando

Chefdirigent Musiktheater

Chorus Director

Composizione

Coreografia

Coro

Costumi

Direzione del coro

Docente di canto

Drammaturgia

Emittente radiotelevisiva

Extra

Illustrator

Insegnante

Libretto

Luci

Maestro ripassatore

Orchestra

Orchestra Operations

Parrucco

Photographer

Poet

Produzione esecutiva

Recitazione

Regia

Scenografia

Stage Manager

Suono

Traduzione

Trucco

Video

Wig & Makeup Designer

Writer

Writing and performance

Tenore

Controtenore

Soprano

Basso

Baritono

Mezzosoprano

Basso-baritono

Alto

Continuo

Mimi

Narrazione

Voce bianca

Le parole del poeta e scrittore islandese, tra i più amati fra gli scrittori nordici, possono forse aiutare l’ascoltatore del concerto che Vikra, il Gruppo Vocale della Glasbena Matica di Trieste, propone questa sera.
Il programma, suddiviso tra … ombre… e … luci…, si estende nel tempo e nello spazio in un’esplorazione musicale, linguistica e filosofica in cui gli opposti si trovano in dialogo costante e offrono spunti per una riflessione ad ampio spettro.
Si può iniziare dal titolo, tratto dal brano che chiude il concerto di stasera, scritto appositamente per loro da Giovanni Bonato, compositore presente oggi e proposto a conclusione di ognuna delle due parti.
STAR(E)S esprime infatti molto bene quel che Vikra è prima di ogni altra cosa, ciò che rappresenta il necessario elemento fondativo di un’estetica perseguita con coerenza e consapevolezza dalla direttrice – Petra Grassi – assieme alle coriste e ai coristi che da anni si raccolgono intorno a lei.
STAR(E)S, è un termine doppio, ottenuto dall’incontro di STARS (stelle) e to STARE (fissare, guardare negli occhi con attenzione, ma anche fissarsi, o seguire con lo sguardo).
I brani che questa sera ascolterete assomigliano ai sassolini, usati da Pollicino o da Hänsel e Gretel per riconoscere la via del ritorno una volta entrati nella buia foresta. Frammenti di luce in una notte scura.
Provengono da tradizioni diverse, esplorano il Nord e il Sud a noi più vicini, propongono lingue e sonorità solo apparentemente lontane fra loro, e l’elemento nazionale acquista senso soltanto in quanto fattore arricchente in un contesto più ampio.
Esclusivamente considerando ciò, si può evidenziare quanto tali pagine musicali siano unite dal forte accento della cultura slovena, concreto strumento di relazione tra le diverse anime del nostro continente, nata e sviluppatasi in un luogo che è nodo strategico d’incontro di tutti i ceppi linguistici presenti in Europa: mondo latino, anglosassone, ugrofinnico e slavo sono presenti e confinanti in questo angolo di quella terra, limitato soltanto dal punto di vista spaziale, perché aperto da ogni parte per vocazione storica e di tradizione. Da ciò deriva anche un approccio alla spiritualità più libero dai legami delle singole fedi, in dialogo rispettoso, poiché è su quel che unisce che ci si concentra, non su quel che divide.
Le ombre iniziano con le note dolci e nostalgiche di Hugo Wolf, nato a Slovenj Gradec e attivo per lo più in Austria, di cultura germanica. Amico di Gustav Mahler, fu un fervente seguace di Richard Wagner; per Im stillen Friedhof (Lied giovanile composto nel 1876 ai tempi in cui svolgeva l’incarico di critico musicale per il Wiener Salonblatt) sceglie i versi del tedesco Ludwig Pfau, ispirati dalla caducità del ricordo.
Dell’eclettico compositore ed etnomusicologo triestino Pavle Merkù, assiduo frequentatore di Luigi Dallapiccola, allievo di Ivan Grbec e Vito Levi, viene proposto con i primi due Madrigali della buona morte (2001), dalla sonorità rarefatta e straniante, sul testo del poeta Carlo Betocchi, affine a Merkù nell’uso di una semplicità solo apparente, accogliente espressione di una sincera profondità spirituale.
Il giovane compositore sloveno Tine Bec sceglie la lingua inglese per il suo Deliver me, O Lord, (Libera me, Domine) (2019) tratto dall’Ufficio dei defunti e recitato nella liturgia a conclusione della Messa da Requiem e prima della sepoltura. È un canto ondeggiante, processionale, con effetti ritmici e sonori che aggiungono drammaticità alla scrittura musicale accompagnando i presenti al dolce e consolatorio finale.
Anche Arvo Pärt, migrante anima baltica, sceglie l’inglese per scrivere Peace Upon You, Jerusalem (2002), intensa ed essenziale lettura del Salmo 122 (121), uno dei quindici “Canti dei gradini”, con probabile allusione agli altrettanti livelli che si salivano entrando nel Santuario, su ciascuno dei quali i Leviti avrebbero cantato uno di essi. Si tratta di un brano ben fedele al testo nella strutturazione musicale.
Scite puer (2002) di Giovanni Bonato, su testo dell’umanista quattrocentesco Giovanni Pontano, conclude la prima parte del concerto: una dolce ninna nanna in latino, il cui effetto ipnotico è accresciuto dalla combinazione tra l’armonia, il rincorrersi incessante delle voci e l’onomatopea della prima sillaba del primo verso.
L’allontanamento dalle tenebre avviene gradualmente, e inizia con l’autore sloveno Anton Lajovic che, nel 1904, scrisse la partitura di questo Lied tardoromantico, sognante e più luminoso. Pesem deklice, è ispirato dai versi del poeta e drammaturgo tedesco Otto Julius Bierbaum nella traduzione in sloveno di Oton Župančič, loro contemporaneo. Protagonista qui è la penna del poeta, artefice di contrasto tra luce e ombre, gioia e sconforto, entusiasmo e vuoto, testo e voce, tra ciò che, fissato sul foglio, si fa stabile e quel che, aereo vola, appare per un attimo, si imprime nella memoria e, subito, scompare.
Con un salto indietro nel tempo e nello spazio ecco apparire il tardorinascimentale Jacobus Gallus, (nato in Carniola e attivo in tutta l’Europa Centrale) a evocare gli echi della Praga magica di Rodolfo II, imperatore e alchimista. I tre madrigali in latino coniugano una lingua e una poetica di certo non usuale per la madrigalistica. Sono interpretati da Vikra con la pronuncia classica usata nel mondo slavo-germanico: Tempore felici non cognoscuntur amici dai Carmina proverbialia, Conscia mens recti su testo di Ovidio, Pauperiem modico contentus su testo di Massimiano.
È articolato, ricco di variazioni in una temperie armonica e l’eco tematica costantemente appare in Sklepna pesem (2019) di Patrick Quaggiato su testo di Ciril Zlobec. Entrambi intellettuali e autori contemporanei di confine tra Slovenia e Italia, propongono un brano in cui le voci si uniscono al violino e al pianoforte in un dialogo meditativo dolce e al contempo intenso, luminoso e lucido, che all’essenza degli interrogativi esistenziali risponde con un chiaro: NOI SIAMO.
Segue il brillante e solare Magnificat (2009) di Ambroz Čopi da Luca: 1, 46-55, in cui ogni nota e accordo testimoniano la limpida gioia della giovane Madre, fiduciosa e certa della presenza e del sostegno della Trascendenza per sé, cardine fondamentale di una discendenza che ha avuto origine con Abramo e si è mantenuta salda per tutte le generazioni a lui seguenti.
Il concerto si conclude con Star(e)s (2017), di Giovanni Bonato che, ispirato dai versi di tre diversi autori – William Blake, Crazy Horse, Johann Wolfgang von Goethe – esprime in modo eccelso la costante e fluida compresenza in noi di luce e ombre, entrambe necessarie, entrambe ugualmente vitali, entrambe benefiche quando l’instabile equilibrio viene mantenuto.
Probabilmente, Vikra rappresenta la miglior realizzazione possibile di quel che una città come Trieste, cosmopolita nell’anima, può esprimere.
Buon ascolto!
Paola Pini

italiano

The words of the Icelandic poet and writer, among the most beloved of Nordic writers, can perhaps help the listener of the concert that Vikra, the Vocal Group of the Glasbena Matica of Trieste, is offering this evening.
The program, divided between ... shadows... and ... lights..., extends in time and space in a musical, linguistic and philosophical exploration in which opposites find themselves in constant dialogue and offer ideas for a broad-spectrum reflection.
We can start from the title, taken from the piece that closes tonight's concert, written especially for them by Giovanni Bonato, the composer present today and proposed at the end of each of the two parts.
STAR(E)S in fact expresses very well what Vikra is before anything else, what represents the necessary founding element of an aesthetic pursued with coherence and awareness by the director - Petra Grassi - together with the choristers who for years they gather around her.
STAR(E)S, is a double term, obtained from the meeting of STARS (stars) and to STARE (to stare, to look into the eyes carefully, but also to stare, or to follow with one's gaze).
The songs you will listen to this evening resemble pebbles, used by Tom Thumb or by Hänsel and Gretel to recognize the way back once they enter the dark forest. Fragments of light in a dark night.
They come from different traditions, they explore the North and the South closest to us, they propose languages ​​and sounds that are only apparently distant from each other, and the national element acquires meaning only as an enriching factor in a broader context.
Exclusively considering this, it can be highlighted how these musical pieces are united by the strong accent of Slovenian culture, a concrete instrument of relationship between the different souls of our continent, born and developed in a place that is a strategic meeting point for all linguistic strains present in Europe: the Latin, Anglo-Saxon, Finno-Ugric and Slavic worlds are present and bordering in this corner of that land, limited only from a spatial point of view, because it is open on all sides due to historical and traditional vocation. From this also derives an approach to spirituality that is freer from the bonds of individual faiths, in respectful dialogue, since it is what unites that we focus on, not what divides.
The shadows begin with the sweet and nostalgic notes of Hugo Wolf, born in Slovenj Gradec and active mostly in Austria, of Germanic culture. Friend of Gustav Mahler, he was a fervent follower of Richard Wagner; for Im stillen Friedhof (a youthful song composed in 1876 when he was working as a music critic for the Wiener Salonblatt) he chooses the verses of the German Ludwig Pfau, inspired by the transience of memory.
The first two Madrigals of the good death (2001), with their rarefied and alienating sound, are performed by the eclectic composer and ethnomusicologist from Trieste Pavle Merkù, a frequent visitor of Luigi Dallapiccola, a pupil of Ivan Grbec and Vito Levi, on the text of the poet Carlo Betocchi , similar to Merkù in the use of only apparent simplicity, a welcoming expression of sincere spiritual depth.
The young Slovenian composer Tine Bec chooses the English language for his Deliver me, O Lord, (Libera me, Domine) (2019) taken from the Office of the Dead and recited in the liturgy at the conclusion of the Requiem Mass and before the burial. It is an undulating, processional song, with rhythmic and sound effects that add drama to the musical writing, accompanying those present to the sweet and consolatory final.
Arvo Pärt, a migrant Baltic soul, also chooses English to write Peace Upon You, Jerusalem (2002), an intense and essential reading of Psalm 122 (121), one of the fifteen "Songs of the steps", with probable allusion to the as many levels that they went up when entering the Sanctuary, on each of which the Levites would sing one of them. It is a song that is very faithful to the text in its musical structure.
Scite puer (2002) by Giovanni Bonato, based on a text by the fifteenth-century humanist Giovanni Pontano, concludes the first part of the concert: a sweet lullaby in Latin, whose hypnotic effect is increased by the combination of harmony, the incessant succession of voices and the onomatopoeia of the first syllable of the first verse.
The move away from darkness occurs gradually, and begins with the Slovenian author Anton Lajovic who, in 1904, wrote the score of this late-romantic, dreamy and brighter Lied. Pesem deklice, is inspired by the verses of the German poet and playwright Otto Julius Bierbaum in the Slovenian translation by Oton Župančič, their contemporary. The protagonist here is the poet's pen, creator of the contrast between light and shadows, joy and despondency, enthusiasm and emptiness, text and voice, between what, fixed on the sheet, becomes stable and what, flying in an airplane, appears for a moment , is imprinted in the memory and immediately disappears.
With a leap back in time and space, the late Renaissance Jacobus Gallus appears, (born in Carniola and active throughout Central Europe) to evoke the echoes of the magical Prague of Rudolf II, emperor and alchemist. The three madrigals in Latin combine a language and poetics that are certainly not usual for madrigals. They are interpreted by Vikra with the classical pronunciation used in the Slavic-Germanic world: Tempore felici non cognoscuntur amici dai Carmina proverbialia, Conscia mens recti based on Ovid's text, Pauperiem modico contentus based on Maximian's text.
It is complex, full of variations in a harmonious climate and the thematic echo constantly appears in Sklepna pesem (2019) by Patrick Quaggiato on a text by Ciril Zlobec. Both intellectuals and contemporary authors from the border between Slovenia and Italy, they propose a piece in which the voices join the violin and the piano in a sweet and at the same time intense, luminous and lucid meditative dialogue, which responds to the essence of existential questions with a clear: WE ARE.
This is followed by the brilliant and sunny Magnificat (2009) by Ambroz Čopi da Luca: 1, 46-55, in which every note and chord testifies to the clear joy of the young Mother, confident and certain of the presence and support of Transcendence for herself, a fundamental cornerstone of a lineage that originated with Abraham and remained steadfast for all the generations following him.
The concert ends with Star(e)s (2017), by Giovanni Bonato which, inspired by the verses of three different authors - William Blake, Crazy Horse, Johann Wolfgang von Goethe - excellently expresses the constant and fluid co-presence in us of light and shadow, both necessary, both equally vital, both beneficial when the unstable balance is maintained.
Probably, Vikra represents the best possible realization of what a city like Trieste, cosmopolitan at heart, can express.
Happy listening!
Paola Pini

English

Coro da camera Vikra by Wolf, Merkù, Pärt, Bonato, Quaggiato, Čopi, Lajovic, Da (2023/2023), Direttore d'orchestra Petra Grassi, Teatro Mancinelli, Orvieto, Italia

Crediti di rappresentazione (Cast e team di produzione )

Cast

Strumentazione

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Date e sedi delle rappresentazioni

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