Artist

Admin

Costume designer

Giusi Giustino

Executive producer

Cristina Donadio

Singer

Paula Do Souto Giudici

Mercedes de las Torres

Officine San Carlo

italijanščina

Juan Sebastián Cáceres Lara

Piccola Suite in blu minore

Naples

Italy

Teatro di San Carlo

Il Mattino - Review

Private

Public

Staged

Music-theatre

Moro, lasso, al mio duolo in Madrigals, Libro 6 (No.17)

Cabaret

Approved

Tra i vicoli incisi in una città già densa di segni e su per i palazzi antichi che sembrano emergere dal mare, le leggende napoletane esistono e riecheggiano da secoli e, penetrate profondamente nel tufo, abitano questi spazi facendo, delle anime di cui raccontano, le eterne padrone di una città magica.
Sono anime tristi, dannate, sono anime consumate d’amore, che bruciano forte, che amano ancora più forte, fino a morire, fino – addirittura – a tornare nel mondo dei vivi. È quello che succede alle anime protagoniste dello spettacolo “Piccola Suite in blu minore”, che l’attrice, regista e autrice napoletana Cristina Donadio ha riadattato e ricavato dai testi e dalle opere di Enzo Moscato, Vittorio Del Tufo, Matilde Serao, Jean-Noël Schifano e Alessio Forgione.

Proprio lo scrittore napoletano Alessio Forgione, in un pezzo pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno, ha riportato come la Donadio gli abbia raccontato, attraverso una pila di fogli, libri, schemi e scritti a mano, la sua visione delle leggende napoletane, che ha trovato ispirazione ne “L’uovo di Virgilio” di Del Tufo e nell’opera della Serao, per prendere forma in una drammaturgia rock che ha aperto i battenti proprio questo giovedì 12 ottobre al porto di Vigliena.

Un corteo sciolto e dannato di anime, voci, suoni si presenta come “The Bloody Legend Horror Band” e porta sul parco il racconto del proprio tormento, storie di sangue che iniziano tutte con l’amore. Ad una ad una le anime agonizzano in nome dell’amore, e fanno lo stesso per il non amore. Così, per le vie di Mezzocannone e Port’Alba, a piazza San Domenico Maggiore, in via dei Tribunali e a Palazzo Spinelli, l’odio, i tradimenti, la gelosia, la vendetta, ma soprattutto la passione, muovono i fili di uno spettacolo che parte con la vicenda dell’uccisione di donna Maria D’Avalos e Fabrizio Carafa per mano di Carlo Gesualdo a Palazzo San Severo, per arrivare fino alle stanze di Palazzo Donn’Anna, dove un’austera Anna Carafa, moglie del duca di Medina, in un ricchissimo abito rosso, spegne per sempre il fuoco della giovane e bruna cugina di Spagna (donna Mercedes de las Torres), perché accecata d’amore per il suo Gaetano Casapesenna.

Le donne di queste leggende hanno ucciso per gelosia e sono state uccise e giustiziate perché streghe, perché hanno amato chi non avrebbero dovuto, perché per loro era – di gran lunga – meglio la morte che soffocare quei sentimenti. Ora sono anime senza ossa, senza mani e senza pelle che si concedono un ultimo canto, l’ennesimo lamento, mentre raccontano del sangue versato in piazza o in una barca in mezzo al mare, la quale si dice che appaia ancora (ma solo di notte) e che, come una barca fantasma, sia visibile solo a chi ama veramente, a chi sa cos’è il vero amore.

Il mare, nelle storie di Napoli, non può che essere sempre presente, come un’acqua benefica nella quale si rigenera ogni cosa, nella quale qualsiasi cosa muore pur non morendo mai. Come nella storia della baia dei due frati che, in “Piccola Suite in blu minore”, viene narrata sulle note dei Pink Floyd: due fratelli per una sola donna, uno scontro, un cuore trafitto; poi due scogli – per sempre – a Posillipo.

Quel cuore trafitto batte come le onde, recita sul palco il protagonista della leggenda dei frati di Posillipo; su quelle stesse onde buone, riposa poi il Palazzo Donn’Anna, un palazzo che, di notte, «diventa nero, intensamente nero, e dal mare di Posillipo escono canti malinconici d’amore». Nell’incontro di tutte queste storie, noi spettatori immaginiamo il nero delle onde confondersi al nero delle ombre – che sono, anch’esse, come il mare, sempre presenti, senza darsi pace – e, in mezzo a tutto questo nero, vediamo un faro blu dell’eterna disperazione permettere a queste ombre di continuare a fluire e rifluire attraverso le vie di una Babele che vive di queste leggende.

Le leggende di Partenope sono alle Officine San Carlo  per la regia – di nuovo – di Cristina Donadio, con i costumi della direttrice della sartoria del teatro San Carlo Giusi Giustino, il disegno luci di Raffaele Di Florio, la scenografia di Anna Nasone, l’assistenza alla regia e movimenti coreografici di Luca Trezza, e le sonorità di Maurizio Capone, che ha insegnato agli attori del laboratorio come ricreare i suoni dell’acqua e del vento.

italiano

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