Recensioni di produzioni precedenti
3One of the titles of the great bel canto repertoire returns to Palermo after many years of absence with an international cast of great prestige: for the new season of the operas of the Teatro Massimo in Palermo, Gaetano Donizetti's "Roberto Devereux" is staged , the great opera that sees protagonist Queen Elizabeth I of England. The opera, which was performed in Palermo only in 1994 at the Politeama Garibaldi under the direction of Gianandrea Gavazzeni, is staged from 29 April to 7 May in the staging of the Welsh National Opera under the direction of Alessandro Talevi and the sets and costumes. by Madeleine Boyd. On the podium Roberto Abbado, who returns to direct the Orchestra and Chorus of the Teatro Massimo in Palermo after the Mahlerian concert last March. The absolute protagonist in the role of the English queen - a role in which singers such as Montserrat Caballé, Leyla Gencer, Beverly Sills, Edita Gruberová, Raina Kabaivanska and Mariella Devia have ventured - is the soprano Maria Agresta , who will sing the part for the first time in Paris just before the performances in Palermo, always under the direction of Roberto Abbado. Her rival Sara is played by mezzo-soprano Vasilisa Berzhanskaia, a rising star of the international scene, while in the performances of April 30 and May 6 the role of Elisabetta passes the baton to Davinia Rodriguez and that of Sara to Chiara Amarù from Palermo. "Roberto Devereux" is a lyric tragedy in three acts composed on a libretto by Salvadore Cammarano, based on the tragedy by Jacques-François Ancelot "Elisabeth d'Angleterre" and together with "Anna Bolena" and "Maria Stuarda" is part of the so-called "Ciclo of the Tudor Queens "by Donizetti. The staged story is inspired by the relationships (real, but also fictional) between the Earl of Essex, Robert Devereux, and Queen Elizabeth I of England. Or better,his love for the Count is no longer reciprocated . Devereux, in fact, has fallen madly in love with the beautiful Sara, wife of his best friend the Duke of Nottingham, who reciprocates by unleashing the ire of Elizabeth who, having learned of an alleged betrayal of the crown by the Earl of Essex, in a vortex of conflicting emotions and feelings finally decides to sentence him to death.
Il tutto nel vuoto di una scena che la regia di Roberto Catalano costruiva, passateci il verbo, sulla sottrazione più radicale: solo quattro fari mobili, azionati ad incorniciare e a ridefinire lo spazio – giocoforza asfittico - entro cui i personaggi avrebbero ordito la loro tela di amore e di morte. Attorno, niente. Solo lo scheletro nero dell’Auditorium, tra cemento e vetrate, e la notte. Un Rigoletto “giacomettiano” e per diversi aspetti cameristico, dolorosamente scarnificato fino al limite estremo della sua essenzialità, con qualche inevitabile taglio alla partitura e quattro sole voci a rappresentare, velenoso contrappunto alle angosce del gobbo buffone, la “dannata vil razza” della corte gonzaghesca. [...] Andate a vederlo. Questo Rigoletto della rinascita merita una passeggiata nel parco.
La regia di Roberto Catalano, obbligata alle distanze imposte, ci ha risparmiato le mascherine, impossibili da vedere in scena. In mancanza di scene ed attrezzo, si è ricorsi alla luminotecnica, con i proiettori spostati dagli stessi interpreti che hanno cantato senza nemmeno sfiorarsi. Ne ha risentito particolarmente il quartetto del terzo atto: né il Duca ha potuto abbracciare Maddalena, né Rigoletto e Gilda cantare nascosti in un angolo. Ciò detto, non si è trattato di un “concerto in costume” e, anzi, alcune scene hanno avuto una valenza affatto nuova: per esempio durante i “Cortigiani” contro cui si scaglia il protagonista, reso ancor più drammatico dall’assenza del coro.
