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8
Milano - Teatro alla Scala: Hänsel und Gretel con i giovani dell’Accademia

Anna Doris Capitelli, Hänsel, e Francesca Manzo, Gretel, dal timbro smaltato, dall'emissione correttamente sul fiato che consente loro di controllare perfettamente ogni nota, arricchendo la propria performance di chiaroscuri espressivi, e di risultare altrettanto brave in acuti qua e là scoperti. Attrici poi che si muovono con la naturalezza delle artiste consumate da anni di esperienza.

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Quant'è bella giovinezza

La coppia dei protagonisti offre al pubblico scaligero un simpatico duo sostenuto da Anna-Doris Capitelli (Hänsel) e Francesca Manzo (Gretel), giovani cantanti dotate entrambe di una presenza scenica pressochè perfetta per i rispettivi ruoli. Ci permettiamo di lodare in particolar modo la pastosità e colore vocale della prima, accompagnati pure da un peso non indifferente, e l'ottimo bagaglio tecnico della seconda, sia nell'ascesa all'acuto sia nei numerosi duetti accompagnati spesso da danze e movimenti rocamboleschi.

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www.apemusicale.itEmanuele Dominioni

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13
La Traviata, Verdi
D: Alessandro Pasini
C: Sirio ScacchettiGiacomo Mutigli
Poulenc e Verdi tra ghosting e Onlyfans: così l’opera lirica racconta i nostri amori disperati (e di più se in scena compare un cellulare)

Da una parte Elle, incatenata al cavo del telefono, per metafora e anche non, che cerca la libertà da una relazione ormai avvelenata, distrutta dalla nevrosi – come una mosca che batte la testa sul vetro della finestra. E dall’altra Violetta, che si dimena invano all’interno della nassa in cui è prigioniera suo malgrado, quella dell’unico lavoro che le dà da sopravvivere (il mestiere della traviata, per l’appunto) e delle convenzioni sociali che per chi si ritrova a fare quella vita non prevede mai riscatto né ai tempi di Dumas e di Verdi né ai giorni nostri, se non in Pretty Woman. L’ultima produzione di VoceallOpera – associazione milanese che si è data la missione di portare la lirica in periferia e a basso prezzo – è un dittico dall’alto coefficiente di ambizione e quindi di coraggio: La voix humaine, composta da Francis Poulenc su libretto di Jean Cocteau, messa in scena per la prima volta nel 1959; e La traviata, di Giuseppe Verdi (libretto di Francesco Maria Piave) la cui prima fu nel ’53 ma dell’Ottocento. Due opere divise non solo dai cent’anni che separano le due Prime, ma da forme e sostanze musicali, socioculturali e perfino iconografiche che portano in dote. Eppure due mondi che apparentemente non hanno niente da dirsi finiscono per avere una lingua comune nelle due recite allo SpazioTeatro 89 di Milano. Anche grazie alla regia di Alessandro Pasini, trentenne bresciano al suo debutto grazie alla vittoria al Concorso Aliverta del 2022, che risalta l’incredibile capacità di questi due capolavori di parlare – dal passato in cui sono state inventate – del tempo che stiamo vivendo.

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17 setembro 2023www.ilfattoquotidiano.itDiego Pretini
Allo SpazioTeatro89 si lavora, e bene, per il futuro dell’opera

Termina l’estate, si affacciano le prime sensazioni d’autunno, e si ritorna allo SpazioTeatro89, nella vasta periferia milanese, per un inusuale dittico: La voix humaine di Poulenc, cui segue una riduzione, sia drammaturgica che musicale, della Traviata verdiana. Abbinamento azzardato, non lo si può negare, ma che tuttavia funziona nelle intenzioni fondanti di presentarci nuove voci, direttori e registi, in un progetto coerente, specialmente da un punto di vista strutturale e organizzativo: non sono pochi gli artisti coinvolti, e il susseguirsi di due opere come queste permette di riflettere su questioni sempre diverse del mondo teatrale. Con La voix humaine il dilemma centrale si pone nella resa spaziale e vocale di una donna sola col proprio telefono, che non fa altro che parlare, soffrire e accrescere la propria ansia per quaranta minuti, permettendoci di comprendere chiaramente che dall’altra parte un immaginato fidanzato stia pian piano diventando un “ex”. Alessandro Pasini, giovanissimo regista, vincitore del Concorso lirico internazionale Giancarlo Aliverta, non si spaventa, e fa compiere al soprano Brigitte Keusch delle assillanti circonvoluzioni attorno ad una struttura cui alcune foto sono legate – tracce di un passato del quale la protagonista reciderà i fili concreti con un taglierino, gettando a terra una dopo l’altra le memorie visive di un amore -. I movimenti, ossessivi e tipici di uno stato angoscioso crescente, sono banali, ma nel senso etimologico più stretto, perché appartengono a tutti, perché tutti noi li compiamo se parliamo al telefono, in piedi, magari all’aperto, e la pressione psicofisica sale drasticamente. Il vero punto di svolta si ha quando la scena recitata interseca la realtà e quel che si vede ci pare vero: in un contesto dove l’esiguità di mezzi è evidente (e quasi provocatoriamente decisiva) cogliere nel movimento, nell’espressione del volto, queste sensazioni comuni, rende il banale qualcosa di potente. Il merito, ovviamente, è da ricercarsi anche nella giovane cantante, profondamente coinvolta, che si esprime in un francese musicalissimo, con un impasto timbrico ricco, e una vocalità educata e ben amministrata nell’abbondanza di mezzi. La forza comunicativa, che sprigiona nella nuda interazione con uno smartphone, ha il fascino della contemporaneità che non si può ignorare. E dallo smartphone, che in Traviata non “ascolta” ma riprende, passa anche la vita di una Violetta giovanissima, “dissoluta” e ricca per il costante impegno nell’accontentare ipotetici abbonati al suo OnlyFans, richiedenti sempre più foto e video hard per soddisfare la propria sessualità (loro pagano, la bella ragazza di turno esaudisce i desideri). Chi scrive ha trovato l’idea di cocente attualità, e non osa immaginare come deflagrerebbe in un “teatrone” blasonato. Su questa linea, Alfredo è un fotografo in erba che immortala la sensualità di Violetta, se ne innamora, e però deve fare i conti con un padre bigotto, del “partito della famiglia”, per il quale la ragazza del figlio, dio ce ne scampi, non può essere un’attrice porno. Il meccanismo funziona paurosamente e, come detto da Alberto Mattioli poco prima dello spettacolo, in occasione della presentazione del suo ultimo libro, questo l’opera deve fare, parlare col nostro linguaggio, cortocircuitare l’attualità e fare della puttana traviata una “puttana” agli occhi della nostra società (moltissimi ritengono, oggi, che chi vende la propria nudità e sessualità non sia degno di rispetto e amore). Francesca Manzo, dopo la Mimi della scorsa stagione, mi si è rivelata ancora di più: le qualità vocali già apprezzate, ed ampiamente riconfermate, unite alle proprietà recitative, mi hanno convinto che sia pronta per fare il cosiddetto “salto” ed essere ascoltata anche altrove. Haruo Kawakami è un acerbo Alfredo, eppure la gradevolezza del timbro e la freschezza vocale compensano una spigliatezza tecnica e scenica che deve essere ancora raggiunta. Molto più espressivo, quasi inquietante nella sua implacabile patria potestà, il sonoro e vigoroso Giorgio di Alfonso Michele Ciulla. La presenza di un organico orchestrale ridottissimo, praticamente da camera (forse anche da “cameretta”) ha forzatamente portato l’ascoltatore a cogliere ogni imperfezione, passata in secondo piano rispetto alla qualità complessiva degli esecutori, anche alla luce di certi interventi solistici di pregio. Un plauso, infine, ai due direttori: Sirio Scacchetti, drammatico e puntuale nella Voce Umana, e Giacomo Mutigli, preciso e vibrante nella Traviata, entrambi riadattatori musicali delle due opere, e quindi doppiamente artisti.

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18 setembro 2023iltrilloparlante.wordpress.comMattia Marino Merlo
Hänsel und Gretel, Humperdinck
D: Sven-Eric Bechtolf
C: Marc Albrecht
Alla Scala “Hänsel und Gretel”, la fiaba romantica.

Tra il cast spicca la Gretel di Francesca Manzo, che dispone di uno strumento impeccabilmente impostato, sempre a fuoco nell’intonazione e nella proiezione del suono.

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www.lesalonmusical.itPietro Gandetto
Milano - Teatro alla Scala: Hänsel und Gretel con i giovani dell’Accademia

Anna Doris Capitelli, Hänsel, e Francesca Manzo, Gretel, dal timbro smaltato, dall'emissione correttamente sul fiato che consente loro di controllare perfettamente ogni nota, arricchendo la propria performance di chiaroscuri espressivi, e di risultare altrettanto brave in acuti qua e là scoperti. Attrici poi che si muovono con la naturalezza delle artiste consumate da anni di esperienza.

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