Un impianto registico che, al di là dei suoi vent’anni di età e delle diverse riprese, conferma una sua lineare e concreta funzionalità, grazie alla capacità di spostare il focus drammaturgico nel suo complesso sui personaggi e sulle loro interazioni, bypassando (scusate l’inglesismo) le problematiche relative al contesto e ai relativi cambi di scena e di ambientazione. Una caratteristica che dona a questa lettura teatrale un passo lineare, diretto e spedito che offre alla musica di Mozart – e al tratteggio narrativo del libretto di Da Ponte – un ritmo fluido ed efficace.
Parlare di “allestimento scenico” è riduttivo perché lo spettacolo sbuca da ogni dove. Nasce dalla tribuna allestita sul palcoscenico, entra in platea dalle passerelle, scompare dalle porte laterali, scavalca i palchi di proscenio, accede maestosamente dalle vetrate istoriate della porta principale e agisce in mezzo al pubblico, evocando la coinvolgente immediatezza del teatro rinascimentale elisabettiano. La naturalezza e la fluidità, che si sposano alla perfezione con la musica del capolavoro mozartiano, sono, in effetti, la cifra di questa produzione ideata da Mario Martone nel 2002 per il Teatro di San Carlo di Napoli e ripresa in questa occasione da Raffaele Di Florio.
Un impianto registico che, al di là dei suoi vent’anni di età e delle diverse riprese, conferma una sua lineare e concreta funzionalità, grazie alla capacità di spostare il focus drammaturgico nel suo complesso sui personaggi e sulle loro interazioni, bypassando (scusate l’inglesismo) le problematiche relative al contesto e ai relativi cambi di scena e di ambientazione. Una caratteristica che dona a questa lettura teatrale un passo lineare, diretto e spedito che offre alla musica di Mozart – e al tratteggio narrativo del libretto di Da Ponte – un ritmo fluido ed efficace.
Parlare di “allestimento scenico” è riduttivo perché lo spettacolo sbuca da ogni dove. Nasce dalla tribuna allestita sul palcoscenico, entra in platea dalle passerelle, scompare dalle porte laterali, scavalca i palchi di proscenio, accede maestosamente dalle vetrate istoriate della porta principale e agisce in mezzo al pubblico, evocando la coinvolgente immediatezza del teatro rinascimentale elisabettiano. La naturalezza e la fluidità, che si sposano alla perfezione con la musica del capolavoro mozartiano, sono, in effetti, la cifra di questa produzione ideata da Mario Martone nel 2002 per il Teatro di San Carlo di Napoli e ripresa in questa occasione da Raffaele Di Florio.
Fare teatro e melodramma è sempre, per Di Florio, un atto politico, e nella storia universale di Aida risuonano mille altre vicissitudini di popoli migranti, di invasori, di oppressori e oppressi.
«In Norma, convivono tanti contrasti: due civiltà, quella celtica e quella romana, e ancora magia e razionalità, istinto e calcolo, mondo maschile e mondo femminile. Il tutto con la musica sublime di Vincenzo Bellini, raggiunge vette di poetica bellezza» così dichiara il regista Raffaele Di Florio. «La mia Norma, dunque, pur restando nella tradizione, legge tale “tradizione” non come consuetudine, ma come trasposizione. Concetto, questo, che sposa due concetti artisticamente fecondi (e perciò a me cari): Tradire e tradurre».
Gli applausi scroscianti che a fine serata accolgono tutti gli artisti sono la dimostrazione di come osare si possa e si debba.
La regia di Raffaele Di Florio e la scena di Sara Galdi congiunti all’orchestra e ai cantanti hanno dato vita ad una piacevole serata che probabilmente per molti è stata quasi inaspettata data la poca notorietà della musica eseguita.
La regia, i costumi e il light design sono stati affidati al bravo e generoso Raffaele Di Florio che ha incarnato perfettamente nella gradevole messa in scena, il senso disincantato di una storia insensata, che ha funzionato e convinto tutti, negli appena 80 muniti circa di spettacolo.